Eccoci al terzo appuntamento di Metalmeccaniche, il contenitore di interviste con le donne di CEPI che vuole dare visibilità alle loro esperienze e prospettive, nella loro complessità ed eterogeneità. Lasciamo da subito spazio alla loro voce, fin dalla presentazione!

Mirca Zanchini

Ho 36 anni, sono sposata e ho due bimbi maschi, Aaron 8 anni e Liam di 2. Vivo a Forlì, anche se le mie radici sono a Forlimpopoli e vivo con mio marito e i miei figli. I nonni? I miei genitori si godono la pensione a Tenerife e i miei suoceri in Sardegna 😊 In più, mio cognato vive in Norvegia. Siamo andati a trovarlo e devo dire che là è tutto un altro mondo: la qualità di vita è alta, però è anche vero che hanno otto mesi di inverno ogni anno. Viaggiare mi piace molto, anche se con i bambini piccoli i viaggi non sono sempre così semplici. Abbiamo però la fortuna di poter andare a trovare i nonni in posti meravigliosi. Amo il bricolage e mi piacciono i lavori di manutenzione: me ne occupo io in casa, mio marito ha poca pazienza!

Mi ritengo fortunata a essere mamma di due maschietti, perché hanno entrambi un buon carattere, anche se Liam è un po’ più vivace. Oggi come oggi, essere mamma di un maschio comporta il peso di dovere essere brava a crescere uomini che possano definirsi tali. Personalmente cerco di instaurare con loro un rapporto basato sul dialogo e sulla fiducia, tale per cui mi parlino e mi ascoltino sempre.

Sto crescendo un figlio con cui spero le vostre figlie siano al sicuro: è una frase che ho letto, ma che riassume la mia speranza più grande in assoluto.

Paola Garavini

Ho 55 anni e lavoro in CEPI da 8 anni: ormai festeggio l’anniversario lavorativo e ne sono felicissima, perché CEPI è stata per me un’opportunità di rinascita in età avanzata. Oggi, CEPI rappresenta una grande parte della mia vita che mi piace molto: nei rapporti, nel lavoro, nei momenti piacevoli e…in quelli meno 😊.

La mia famiglia è composta da me, Paola, e il mio gattino Oliver, che viviamo felici nel nostro piccolo appartamentino con giardino. Mi piace pensare che a tutti, nella vita, capitino momenti belli o brutti. E se non ci sono persone, ci sono i partner domestici. Oliver mi aspetta ogni sera per sfinirmi! È la mia certezza: gli animali non ti lasciano mai sola.

Gli ultimi tre sono stati anni difficili a livello personale. Ho perso tante cose, persone e anche un po’ di salute. Però, si è mai completamente soli perché, quando ne hai più bisogno, il destino ti affianca persone che erano uscite dalla tua vita o che magari non conoscevi. Arrivano, ti porgono la mano e ti portano avanti. Io sono stata fortunata, ne ho trovate molte! Alcune mi hanno fatto scoprire lati di me impensabili: ero una divanista di professione e oggi mi trovo a percorrere anche 7/8 km a piedi, a volte anche 16! Come ho fatto? Ho aperto la porta, sono uscita dalla comfort zone e ho smesso di dire sempre “no”. Vado in palestra, esco, cammino, faccio sport…questo, per una divanista di professione, è gran cosa!

Credo molto nel potere delle donne. A Natale ho visto un film, Diamanti, di Ozpetek: mi ha esaltata. E le donne del film sono un po’ come le colleghe in CEPI: fantastiche, dalla prima all’ultima, a cominciare dal mio capo.

Mirca Zanchini

Monia Vittori

Ho 51 anni e due figli, uno di 30 e uno di 20 anni, due maschi. Il maggiore ha fatto una scelta ambiziosa, si è messo in proprio e ha preso la sua strada; il più piccolo ha iniziato a lavorare nel reparto Logistica di un’azienda di Forlì un anno fa ed è molto autonomo, cerca di non dipendere dalla famiglia. I miei figli hanno preso i miei geni: condividiamo tutti la passione di macchine e motori.

Viaggiare? Sì, mi piace, impegni e tempo permettendo ci concediamo qualche viaggio. L’ultimo viaggio è stato il giro dell’Umbria. In famiglia, ognuno ha la sua moto!

Da figlia femmina unica, ho sempre desiderato avere un figlio maschio. Ne sono arrivati due: due maschi tutta la vita! Siamo molto simili, specialmente il maggiore è molto simile a me, infatti spesso, da anime forti quali siamo, ci scontriamo. In realtà, ora che è adulto, molte cose le capisce meglio. È molto premuroso verso suo fratello minore, è bello vederli affiancati.

Frida Lega

Ho 44 anni appena compiuti e vivo a Forlì. Sono sempre stata molto legata alla mia famiglia, con radici ben salde alle mie origini. Nonostante ciò, ho una grande passione per i viaggi, le culture e le lingue straniere, che hanno rappresentato il filo conduttore tra il mio percorso di studi e il mio lavoro. Pur avendo avuto una formazione letteraria, sono approdata in un mondo tanto tecnico quanto affascinante: dietro al più piccolo componente, come un bullone, si nasconde un mondo che ignoriamo.

Sara Panzavolta

Ho 36 anni compiuti da poco e sono di Bagnacavallo, dove vivo con la mia famiglia, in primis composta da mio marito e mia figlia Cecilia, ma poi estesa anche sia alla mia famiglia che a quella di mio marito, alla quale sono molto legata. Le mie passioni principali sono la cucina e la musica. L’amore per la musica è una passione di famiglia che ci unisce: mio marito suona, mia figlia balla e suona, io non ho mai imparato a suonare uno strumento mi sarebbe piaciuto e non è mai troppo tardi! Adoro cucinare, soprattutto il pesce e mi piace avere ospiti a casa e a cena, stare a contatto con le persone.

Frida Lega

Ti va di raccontarci la tua storia lavorativa in CEPI?

Mirca: Non ho mai avuto voglia di studiare: concluse le scuole medie, ho frequentato l’Istituto d’Arte un anno e poi ho seguito un corso professionale ENAIP per diventare operatore d’abbigliamento con competenze di vendita. In quell’occasione ho imparato a cucire e ho continuato a farlo negli anni.

Dai 18 anni, ho sempre lavorato, fino a 3 anni fa, quando aspettavo Liam. Negozi abbigliamento, di telefonia, supermercati… ho sempre lavorato a stretto contatto con i clienti. Mi è sempre piaciuto, ma quando diventi mamma le priorità cambiano: avevo bisogno di un lavoro che si conciliasse di più con le mie esigenze, ad esempio che non prevedesse turni nel fine settimana. Così, ho pensato che un lavoro in fabbrica potesse essere quello giusto: mio cognato mi ripeteva sempre che un giorno gli fosse andata male, sarebbe andato in CEPI. E fu così… che entrai in CEPI, prima con un tirocinio e ora come dipendente. Sto davvero bene: la conciliazione c’è, ho riscoperto che mi piace cucire, le colleghe sono carinissime, mi sono sempre venute incontro per qualsiasi esigenza. Non avrei mai pensato di fare della sartoria un lavoro, e invece!

Paola: La mia storia in CEPI inizia 8 anni fa, con Stefania Benazzi (attuale Logistic Manager) che mi ha insegnato tutto. Avevo già una grande esperienza, ma zero a livello di esportazioni in tutto il pianeta – eh sì, perché chiamarlo mondo sarebbe riduttivo. A volte, Stefania si rivolge ancora a me per informazioni o consigli, e io esclamo: ma come, mi hai insegnato tu!

Il mio approdo in CEPI è stato molto casuale, ma è una storia interessante. Prima lavoravo in un’azienda che è fallita, in più io e mia madre ci trovavamo in una situazione particolarmente difficile. Rimasta senza lavoro, ho iniziato a inviare il mio CV a tutte le agenzie interinali, ma me ne ero persa una. Ne ho approfittato e ci sono andata fisicamente. La persona che mi ha ricevuta però mi disse che “no, il CV si invia o telematicamente o niente”. Così, molto infastidita, le ho lasciato comunque il mio CV, anche se non sarebbe stato esaminato, e me ne sono andata. Salgo in macchina, e dopo 200 metri l’impiegata dell’agenzia mi ha richiamata: il mio CV corrispondeva esattamente a quanto stava cercando CEPI.

Da giovanissima ho lavorato per il Gruppo Ferruzzi e in occasione di quell’esperienza ho visto da vicino tutta la vicenda legata al Moro di Venezia, l’imbarcazione della famiglia Ferruzzi-Gardini sfidante nella Coppa America di molti anni fa: essendo in aeroporto, conoscevo bene tutti loro, pensa che ho ancora tutti i gadget!

Quella è stata un’esperienza che mi ha regalato ricordi importanti, come tutto ciò che è bello e tutto ciò che esprime emozioni e avventura: quando ti emozioni, sei vivo. Quando ognuno di noi guarda la propria vita, c’è sempre qualcosa di esaltante: per quanto a tratti difficile, io trovo qualcosa di esaltante anche nel mio passato e spero di trovarlo nel mio futuro.

Monia: Sono in CEPI dal settembre 1997, quando sono entrata per una formazione lavoro tramite la CNA, con cui avevo seguito un corso che prevedeva anche una fase in azienda. Sono poi entrata come sostituzione di maternità. A luglio 1998 mi venne chiesto di rimanere… e sono ancora qua.

In questi quasi 30 anni, ho visto molte persone andare e venire, alcune se ne sono andate e poi sono tornate, altre no. I figli della proprietà, li ho visti tutti entrare in CEPI e crescere, sia anagraficamente che professionalmente. Negli anni, le cose sono cambiate tanto: se guardo gli inizi, non avrei pensato né che io né che CEPI arrivassimo dove siamo oggi. Certo, un po’ rimpiango il clima famigliare e intimo di quando eravamo a Fiumana, o comunque di quando eravamo appena arrivati a Forlì. Probabilmente c’era una maggiore attenzione ai legami, alle persone, molta più volontà di insegnare e trasmettere. Allora, eravamo noi i giovani e forse avevamo più rispetto degli adulti. Oggi, molti ragazzi sono superficiali, senza stimoli, diversi…

Le cose sono certamente cambiate, ma io sono molto rasserenata su quella che è la vertenza che CEPI ha sulla donna: a mio avviso, nel tempo, le donne sottovalutate sono state molte. Oggi per fortuna qualcosa è cambiato e ancora cambierà.

Frida: Quando arrivai in CEPI per fare il primo colloquio, non avrei mai detto che questa sarebbe stata la mia scelta definitiva. Avevo tentato prima di entrare in tutti i campi inerenti alla mia formazione scolastica, poi mi son detta “proviamo, al massimo farò un’esperienza di qualche anno”… dopo 18 anni sono ancora qua! Piano piano, mi sono costruita il mio sapere e ho imparato tantissimo, anche se non sono un ingegnere. Sempre guidata dalla curiosità, ho iniziato il mio percorso seguendo alcuni importanti distributori e agenti esteri, che avevano già una propria struttura, quindi il mio supporto è stato quello di un back office strutturato. Oggi, grazie alla mia esperienza e al prezioso aiuto del team Cepi, rispondo a tutte le domande possibili e immaginabili, dalle richieste di prezzi alle soluzioni tecniche più elaborate. I miei mercati sono l’Italia del Nord, la Germania dell’Est, la Grecia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Polonia: spesso vado a trovare sia i miei agenti che, con loro, i clienti, oltre a partecipare a varie fiere di settore. Una cosa è certa: negli impianti CEPI, uno standard c’è, ma in realtà non c’è e questo fa sì che non ci si annoi mai. Quante cose si possono fare con quello che apparentemente è “solo” un tank di acciaio! Il mio lavoro è un po’ come fare un puzzle, dove sei tu che scegli quali pezzi abbinare per fare combaciare il tutto, dopo però aver risolto vari rebus!

Ambiente lavorativo e persone mi hanno sicuramente tenuta stretta a questa azienda. Come dicevo, credo fortemente nel legame con la famiglia, perché ho ricevuto un’educazione basata su questo principio. Questa dinamica l’ho rivissuta al lavoro: CEPI è un’azienda a conduzione familiare con valori familiari che si sono estesi anche ai dipendenti. All’inizio, quando sono arrivata ed eravamo 60 colleghi, la coesione si sentiva molto. Certo, ora siamo triplicati, quindi è tutto un po’ più sfumato, perché molte dinamiche sono cambiate, ma il filo conduttore resta quello di sempre. Le persone in CEPI mi hanno sempre colpita e mi hanno portata a cambiare rispetto a ciò che pensavo di essere. Mi spiego meglio: rimanere 18 anni in un’azienda metalmeccanica? E chi l’avrebbe mai detto? In fin dei conti, nonostante il mondo metalmeccanico, ho comunque mantenuto ben chiaro e definito il mio obiettivo: parlare le lingue e viaggiare.

Oggi, all’interno dei miei mercati ci sono anche agenti e distributori meno indipendenti, che richiedono quindi un maggior supporto e una forte presenza. Questo mi piace, perché posso essere io il vero conduttore ed essere così più indipendente.

Ho sempre amato esprimere il mio lato creativo in occasione di fiere ed eventi. Senza dubbio, questa parte del mio lavoro è stata una componente importante che mi ha dato molta soddisfazione e voglia di crescere. Sono così anche nella vita privata: i miei amici sono sempre in attesa di qualche mia idea creativa, amo coinvolgere gli altri e diffondere il senso che ho di famiglia, comunità e gioia.

Sara: Il mio viaggio in CEPI inizia nel 2019, a un anno dalla nascita di mia figlia. Venivo da un’esperienza sempre nel settore metalmeccanico, dove però non vedevo prospettive di crescita. E così decisi di licenziarmi, sperando che avrei trovato di meglio. Dopo un mese, ad agosto, sono entrata in CEPI. Allora l’Ufficio Sicurezza non esisteva ancora: Davide Saputo, in officina, faceva tutto da solo. Così, ho preso in mano un po’ tutto da zero, partendo dai cantieri e poi analizzando tutta la sicurezza aziendale. Parallelamente, sono stata affiancata a Valentina Guardigli, da cui ho appreso tutte le sue conoscenze. Insieme a Davide e Valentina, abbiamo costruito mattone dopo mattone il sistema CEPI: Davide mi ha dato carta bianca e tanta fiducia, fra noi c’è un ottimo dialogo.

In secondo luogo, ho anche preso in mano la sorveglianza sanitaria, poi tutta la formazione aziendale (programma formativo ATENA), bandi formativi e sportello d’ascolto aziendale, che deriva dall’analisi stress-lavoro correlato.

Paola Garavini e Giulia Raggi, l’autrice di questa intervista

C’è una figura femminile che ammiri particolarmente e che ha avuto un impatto significativo sulla tua vita o carriera?

Mirca: Se penso a una persona che ammiro e a cui mi sono sempre ispirata, quella è mia sorella, che è più grande di me di 12 anni. Un vero esempio di come, qualsiasi cosa accada, nella vita, se davvero lo vuoi, puoi tirarti su e andare avanti. Mia sorella è per me un esempio di come si possano affrontare e cambiare le cose anche nei momenti bui o comunque quando certe situazioni non vanno più come vorresti o come dovrebbero. Lei ha saputo cambiare le carte in tavola quando non stava bene, anche se “stare lì”, magari, era più comodo, superando la paura dell’incognito. Il cambiamento è difficile, specialmente quel confine in mezzo, fra male e bene, che devi affrontare proprio quando cambi. È il momento peggiore, perché è lì che abbandoni la tua scialuppa di salvataggio. Poi però, iniziano a nascere tanti progetti e rinasci, più forte di prima. Una delle mie frasi preferite è Il bisogno aguzza l’ingegno: finché stai bene, stai dove stai, ma quando le cose iniziano ad andare male allora metti insieme le idee, recuperi gli strumenti che hai a disposizione e dici…Ok, devo provare a fare altro per stare meglio.

Paola: Ho tante persone vicine e tante amiche. Fanno parte della mia vita anche persone che non ho conosciuto. Chi legge, vive mille vite prima di morire. Chi non legge mai, ne vive una sola è una delle mie citazioni preferite. Dovete sapere che io sono cresciuta leggendo tanto, soprattutto i libri di Oriana Fallaci. La Fallaci ha anticipato i tempi e affrontato tanti aspetti del nostro presente, è stata una donna innovativa ed estrema dall’inizio, la ammiro molto. Una volta lessi un suo pensiero che mi colpì particolarmente: I sogni nascono quando una persona ti dice “lo facciamo?” e un’altra risponde “ma sì dai!”.

Monia: Ricordo che quando ero ragazzina mi capitò di seguire una trasmissione in TV dove Rita Levi Montalcini era ospite e mi colpì molto sentirla parlare. Da quel momento, mi documentai: lessi tante interviste e cose da lei scritte. La Montalcini è stata una donna che si è fatta strada in un mondo prettamente maschile. Inizialmente, infatti, fece scoperte che dichiarò sotto il nome di colleghi uomini che facevano parte del suo gruppo di lavoro, altrimenti non sarebbe mai stata presa sul serio.

D’altra parte, ho visto la stessa dinamica capitare alla mia bisnonna, che ha vissuto in pieno periodo pre-fascista e fascista, senza marito e con dei figli. Si è dovuta inginocchiare per sfamare i suoi figli, e non si è mai lamentata, anzi, si è sempre prodigata. Mi è capitato di vederla piangere solo una volta. Pensate che a 88 anni voleva ancora lavare i lenzuoli a mano perché la lavatrice le rovina (e non vi dico quanto pesavano quelle lenzuola bagnate). Una donna fantastica, che ho avuto la fortuna di conoscere: se n’è andata che avevo 19 anni. L’altra mia bisnonna, è stata anche lei molto longeva, è addirittura arrivata a essere trisnonna dei miei figli!

Frida: Mia nonna, la persona che mi ha cresciuta, da cui ho imparato a essere forte. Nonostante io e mio fratello siamo rimasti soli molto presto, nostra nonna, contro tutto e tutti, è riuscita a crescerci senza farci mancare niente, ci ha dato la possibilità di studiare e di fare quello che volevamo. Ci ha insegnato che, con il rispetto e la determinazione ci si può guadagnare quello che si vuole. Certo, non è scontato, devi sapere come arrivarci: nulla è dovuto, ma se vuoi, puoi! Negli anni, nostra nonna è stata il nostro esempio. Una casalinga e una vera combattente.

Sara: Mia mamma e le mie nonne sono state sempre dedite alla casa e, per quanto le ammiri, non mi ci rivedo: io sono spesso fuori casa, non solo per lavoro, ma anche per le mie passioni personali.

Una di queste è Laura Pausini, mio idolo che ammiro tantissimo da quando frequentavo la scuola materna. Anche Laura viaggia e sta molto tempo lontana da casa, ma, ciò nonostante, è sempre fedele al suo territorio, a cui è molto legata. È dinamica, come me: ama mettersi in gioco, però si ricorda da dove viene e mette la sua famiglia e la sua terra sempre al primo posto.

Un altro aspetto per me molto stimolante è confrontarmi con altre donne che fanno il mio stesso lavoro, ma in altre aziende, anche più grandi. Mi riferisco, per esempio, quando partecipo insieme a Davide a eventi o forum che hanno a che fare sulla sicurezza o sulla formazione: confrontarmi con “colleghe” provenienti da altre realtà è per me molto utile e mi permette di confrontarmi sugli aspetti professionali.

Monia Vittori

Nella tua esperienza, quale pensi sia la sfida più grande che una donna deve affrontare in un ambiente lavorativo? Potresti condividere qualche esempio specifico o raccontare un episodio che ti ha colpito particolarmente?

Mirca: Mi rendo conto di essere stata molto fortunata: non ho avuto questi problemi. Certo, mi rendo conto che esistono, ma per mia fortuna non so bene cosa significhi sentirsi sottovalutata perché sei donna.

Quando lavoravo in negozio è successo che un cliente non volesse essere servito da me, ma dal mio collega uomo, che era momentaneamente occupato. Ha preferito aspettare lui perché aveva bisogno di assistenza tecnica…ma a me questa cosa non è mai pesata, anzi, ho pensato Poveretto, peggio per lui, che deve aspettare…

Paola: Ci sono ancora molte sfide nel lavoro e nella vita di tutti i giorni, la parità ancora non c’è. Noi, probabilmente, non arriveremo nemmeno a vederla, la parità, perché c’è ancora tanta strada da fare e noi donne non siamo unite. Ma non solo: la solidarietà tra donne non è sufficiente. Bisogna averla anche dagli uomini. E quella, purtroppo, manca.

Monia: Le donne, pur costituendo al pari degli uomini un immenso serbatoio di potenzialità è ad oggi ancora lontana dal raggiungimento di una piena parità sociale. La sfida è costante, la quotidianità è una battaglia da combattere. Anche solo quando sei in autobus e tutti esclamano Sicuramente è una donna! se la macchina davanti va lenta. Le donne vengono spesso sottovalutate: si tende a scendere nel luogo comune e a pensare che in certi settori noi donne non siamo in grado di capire o gestire il ruolo da responsabile. A me personalmente piace sfidare e dare prova al mondo maschile che si sbaglia: adoro dimostrare loro il contrario!

Frida: Se devo essere onesta, ho sempre sentito parlare delle difficoltà che molte donne hanno nel farsi strada e, soprattutto, nel farsi ascoltare da interlocutori maschili. Personalmente, però, e per fortuna, non ho mai avuto difficoltà a essere credibile, non mi è mai capitato di trovare persone che non volessero parlare con me solo perché sono una donna o perché credessero che io non abbia un sufficiente background tecnico. La mia esperienza, unita a una squadra forte alle mie spalle a cui potermi rivolgere per dare risposte e fornire soluzioni mi hanno sempre consentito di avere tutte le carte in regola per essere all’altezza delle situazioni e delle persone. Durante le fiere, ho sempre l’occasione di rapportarmi con qualunque tipologia di cliente: non ho mai avuto l’impressione che non volessero parlare con me o che preferissero qualcun altro rispetto a me.

Fuori dal lavoro, capitano situazioni in cui, magari, mi viene fatta una battuta, direttamente o alle spalle. Ma io sono convinta che si fermi tutto lì, perciò do il giusto peso a questi episodi. Gli ambiti che frequento sono molto affini a me: forse è anche per questo che non mi sono mai trovata in situazioni di disagio.

Sara: Il mio ruolo professionale prevede che io frequenti spesso ambienti in cui ci sono molti uomini, come i cantieri, e farsi rispettare dal genere maschile, in quegli ambiti, è difficile. Si tende a pensare che una donna, in un contesto maschile, sia meno competente rispetto a quanto sarebbe un uomo. Anche a casa, mi è capitato con i lavori di ristrutturazione: se dico all’artigiano che un lavoro è stato fatto male, lui risponde, sulla difensiva, che ne parliamo con l’architetto, e poi l’architetto dice la stessa cosa che avevo detto io poco prima. Detta da lui, però, ha un peso diverso. La stessa cosa mi capita anche in cantiere, quando sono con Davide! Trovo quindi che il diverso peso delle figure professionali donne e uomini, nei settori metalmeccanico ed edilizio in particolare, sia ancora molto sentito, forse perché le donne sono in netta minoranza a ricoprire certi ruoli.

Sara Panzavolta

La Legge dell’Attrazione è un principio secondo cui i pensieri e le emozioni di una persona possono influenzare la realtà che la circonda. In altre parole, si crede che pensieri positivi possano attrarre esperienze e risultati positivi, mentre pensieri negativi possano attrarre esperienze negative. Qual è la tua opinione a riguardo e pensi che questo principio abbia influenzato mai la tua vita, personale e/o professionale?

Mirca: Sono una persona positiva, e come tale lo sono sempre. Anche se una cosa va male, cerco di restare positiva. Questo le persone lo notano e se mi chiedono Ma perché pensi che andrà bene?, io rispondo semplicemente: perché è meglio così. Così facendo, attrai a te sempre le persone più positive. Al contrario, le persone negative attraggono le persone negative, il che è terribile. Sul lavoro, se succede un fatto, c’è un equilibrio: alcuni colleghi ti tirano su, altri ti tengono coi piedi per terra.

Quindi sì: la positività genera positività, e a volte non ti fa notare le cose negative. Se sei serena, il negativo spesso ti scivola addosso e non lo noti nemmeno. Le persone negative, invece, spesso non si accorgono delle cose belle, e non sanno cosa si perdono!

Paola: Io credo in quella che Ugo Foscolo chiamava corrispondenza d’amorosi sensi e quindi sì, quello che dite accada veramente. È una questione di coincidenze o di apertura al positivo? Non lo so, ma sicuramente qualcosa succede. La mia tendenza è sempre stata verso un atteggiamento positivo e non sono mai cambiata, fino a una situazione drammatica che mi è capitata, in cui, per non sprofondare, mi sono trovata a dover scegliere un atteggiamento che mi tenesse a galla e non mi lasciasse cadere giù. In quel periodo ho ritrovato un’amica carissima, dopo 20 anni, per caso, entrando in un negozio. Un fulmine a ciel sereno quando più ne avevo bisogno, l’estate scorsa, nel pieno del mio cambiamento.

C’è un passo di Michela Murgia sulle relazioni storiche del passato: hanno assistito alle nostre scelte e agli errori da cui ci hanno salvate. E non c’è niente di più bello che recuperare amiche storiche. Insieme, ora, andiamo al cinema, usciamo, andiamo a teatro. E sì, è stata certamente la mia positività del momento che ha fatto sì che l’universo mi riportasse questa amicizia preziosa, che non lascerò mai più e che non mi lascerà mai.

Monia: Io cerco, sempre e comunque, di pensare positivo e attrarre positività, perché altrimenti ci si affossa. Se sei stata colpita, nella vita, da situazioni pesanti, e ne sei uscita, ci credi un po’ di più, perché hai visto che le cose si possono risolvere. Se tutti si fermassero un momento, osservassero ciò che hanno e ripetessero a sé stessi quanta fortuna hanno ad avere salute e sicurezza economica…beh, sicuramente vivremmo in un mondo più positivo.

Personalmente, mi danno molto fastidio, soprattutto nel lavoro, i lamentoni, quelli che cercano di mettere zizzania e di infossare: credo siano persone irrisolte, che inquinano il clima positivo che invece può esserci.

Frida: Definirmi convinta è una parola grande, però ci credo. Sicuramente, nei momenti di sconforto, cerco sempre di mettermi nel piano della positività. Sono sempre stata ottimista, tendo a cercare il bello e il buono nelle persone e nelle situazioni. Le altre persone questo lo percepiscono, spesso lo capiscono, e noto che ciò porta tante cose buone. Credo nel poter diffondere l’ottimismo!

Sara: Io penso di essere una persona positiva e molto propositiva. Spesso, però, mi accorgo che chi mi sta intorno non lo sia quanto me. Questo, a volte, mi butta un po’ giù, perché sono molto sensibile e mi aspetto una reazione negli altri al pari che ovviamente non sempre lo è, spero che notino che io sono motivata e carica in determinate situazioni. In generale, comunque, sì: penso che se emani positività, la attiri.