Marco Ricci
Direttore di Produzione

Marco Ricci è Direttore di Produzione in CEPI. Laureato in Ingegneria Meccanica, inizia la sua esperienza professionale presso altre aziende, prima come Responsabile Tecnico e poi come Responsabile di Produzione. Nel 2007 approda in CEPI come Responsabile degli Acquisti Meccanici: essendo un progettista, non si tira di certo indietro! Nel 2009 ottiene l’attuale ruolo di Direttore di Produzione. Marco, da bravo progettista, si definisce una persona con il cervello sempre in moto e alla ricerca di nuovi stimoli. Alla base del suo lavoro ci sono le persone: “Il mio quotidiano è una ripianificazione continua, che faccio attraverso un continuo relazionarmi con i miei colleghi”.

Marco, come Direttore di Produzione supervisioni il coordinamento di una grande quantità di risorse. In cosa consiste il tuo lavoro? Come gestisci la complessità del flusso produttivo e del calendario di produzione, per esempio?

È vero, accanto a me ci sono tanti dipartimenti e con loro mi relaziono quotidianamente. Sono la Manualistica, la Qualità, l’Ufficio Acquisti, l’Ufficio Project Engineering, l’Ufficio Tecnico e tutti i reparti di produzione (Officina, Sartoria, Pre-assemblaggio, Magazzino, Spedizioni). In parallelo, mi interfaccio con Ufficio Tecnico Elettrico e l’Ufficio Commerciale, che è alla base di tutto il processo.

Una volta che l’accordo commerciale viene chiuso, la commessa passa all’ufficio dei Project Manager (PM) e dei Project Engineer (PE). Da lì, entro in gioco anche io, che mi occupo della gestione del futuro e la gestione dell’ordinario.

La gestione del futuro consiste nella pianificazione di tutte le attività di produzione di tutti i reparti. Quando riceviamo una commessa, la prima azione che faccio è calendarizzare il lavoro di tutti i dipartimenti con cui mi relaziono, misurandone il carico di lavoro con un gestionale interno e con un altro software.

La gestione dell’ordinario, invece, consiste in una verifica quotidiana del flusso di lavoro e delle persone coinvolte. Il mio compito è individuare i problemi che possono derivare da varie fonti e cercare di risolverli: dalle difficoltà di approvvigionamento del materiale alle eventuali complessità nella costruzione, fino alle urgenze e gli imprevisti, fra cui le assenze del personale.

Il mio quotidiano potrebbe essere definito una ripianificazione continua nell’ incastrare ogni singolo tassello.

Tutto questo lo faccio attraverso un continuo relazionarmi con i miei sottoposti, a cui richiedo un feedback costante.

Come Direttore di Produzione, devo esserci, sempre. Per potere chiedere alle persone “Come sta andando il lavoro?”, “Ci sono problemi?”, cercando di ottimizzare le tempistiche, evitare tempi morti e dare risposte puntuali e veloci agli imprevisti. Le persone devono sempre sapere cosa fare.

Cosa significa “progettare” per CEPI? E per Marco?

Progettare significa capire le esigenze del cliente e risolverle. Può suonare filosofico, ma è così. Proprio come se fossimo dei designer, noi dobbiamo trovare soluzioni.

Di conseguenza, il progettista è qualcuno che non si ferma mai. Deve sempre avere qualcosa di nuovo da fare e a cui pensare, tenere il cervello in moto, ricevere nuovi stimoli e dare soluzioni.

La progettazione, in CEPI, ha inizio quando il cliente ha il primo contatto con l’azienda. La nostra squadra di Commerciali è altamente specializzata e formata a livello tecnico ed è perfettamente in grado di fare una prima progettazione di massima di un impianto. In questa prima fase, infatti, i nostri Commerciali forniscono una vera e propria consulenza tecnica al cliente, che spesso ha ben chiara la sua necessità, ma non conosce le strade per colmarla.

Da questa progettazione di massima, si passa a una progettazione di finitura: la commessa passa nelle mani dei tecnici. A volte vengono apportati grandi cambiamenti al lavoro preliminare, altre volte vengono solo corretti degli aspetti minimi o accortezze tecniche.

Per me, invece, la progettazione significa misurarmi con me stesso tutti i giorni. La progettazione consiste nel portare avanti un progetto e costruirlo, giorno dopo giorno, dando forma alla mia esperienza e formazione lavorativa.

Ci racconti come viene progettato un impianto CEPI?

Dopo la progettazione preliminare dell’Ufficio Commerciale, la commessa passa nelle mani di un pool di persone, fra cui c’è anche l’R&D. Questa fase è molto importante, perché è anche grazie all’investimento in Ricerca e Sviluppo che siamo in grado di proporre impianti altamente customizzati (ricordiamo sempre che il nostro obiettivo è trovare soluzioni). Avere un dipartimento R&D molto attivo e propositivo, che si interfaccia molto con la progettazione standard, è un grande valore aggiunto per CEPI.

La commessa viene poi sviluppata da Project Manager e Project Engineer, che si interfacciano con me e Ing. Milanesi (Responsabile Ufficio Tecnico) per quanto riguarda la progettazione standard e con Ing. Ceccarelli (Responsabile ricerca e sviluppo) per quel che riguarda la progettazione straordinaria. Parallelamente, entrano in gioco anche gli Uffici Tecnici Elettrici guidati dall’Ing. Leonardi.

Come definiresti un progetto di impianto CEPI? In cosa differiscono gli impianti, gli uni dagli altri?

Alla base di ogni singolo impianto ci deve essere l’applicazione della Direttiva Macchine, Direttiva ATEX per le atmosfere esplosive, EN1090, ecc: le nostre macchine devono essere sicure, funzionanti, igieniche e avere un’ottima qualità.  Per noi progettisti è importante trovare le soluzioni idonee per fare sì che tutti questi parametri siano sempre rispettati: nel caso di impianti altamente customizzati, chiaramente è una sfida, ma è anche quello che preme di più al nostro mercato.

Un’altra riflessione che voglio condividere è che, quando ti occupi di seguire un progetto o nuova macchina, devi pensare a come gestirlo, come produrlo ma anche come montarlo in sicurezza.

Per spiegarti meglio cosa intendo, ti racconto un aneddoto del mio passato. Ero in vacanza in Grecia, mi trovavo a Delos, isola sacra per i Greci. A Delos mi capitò di soffermarmi a guardare dei reperti archeologici, che definirei dei sassi, e i miei amici mi presero un po’ in giro per questo, perché mi ero fermato a guardare i sassi e me ne stavo lì. In realtà, io non stavo guardando i sassi, ma mi stavo chiedendo: Qual è la testa che l’ha pensato? Come l’ha fatto e che scopo aveva?

Ecco, questo esempio serve per capire quale filosofia applico nel mio quotidiano, non solo sul lavoro, ma anche nella vita di tutti i giorni e questo approccio lo uso anche con le persone.

Puoi essere più specifico?

Le Persone sono anche alla base del codice etico di CEPI: “Persone” è la prima delle 5P del nostro codice etico, perché le persone sono il cuore di un’azienda, non solo la forza motrice.

Quando mi è stato proposto il mio ruolo di responsabilità, ho scelto di applicare questo principio su tutte le persone sotto di me.

Per lavorare bene devi valorizzare le persone, rispettarle come tali e renderle partecipi attivamente e solo così otterrai dei grandi risultati.

Lo stesso vale anche per i giovani. Il bello di CEPI è proprio questo: valorizzare le persone e i giovani ed è solo grazie al lavoro in team con i miei colleghi che ci riusciamo.

Possiamo infatti vantare di un’ampia rosa di under 30: come gestisci i giovani nel tuo team? Ci vuoi dire qualcosa sul progetto di tesi su acciaio e circolarità?

I giovani in CEPI sono il doppio della media delle aziende italiane: questo la dice lunga sulla nostra azienda, così attenta all’istruzione di qualità e alla formazione.

I giovani, ma anche tutti i miei colleghi e colleghe, li gestisco con un rapporto molto diretto: mi piace preoccuparmi per loro ed evito i formalismi. Il “tu” è d’obbligo, anche con l’ultimo assunto, perché voglio che le persone si sentano a proprio agio e, soprattutto, voglio che abbiano rispetto non tanto per il ruolo che ho, ma per la persona che sono.

Abbiamo scelto di affidare a un giovane laureando anche il progetto di tesi sul green procurement dell’acciaio per avere un impatto positivo sulla circolarità dell’impianto CEPI. È un progetto appena partito, lo stiamo seguendo sia io che l’Ing. Baschetti, mio assistente di produzione e Monia Vittori, Responsabile dell’Ufficio Acquisti.

Ancora una volta è chiaro l’intento di CEPI: valorizzare e investire nella collaborazione con le scuole significa credere nel futuro.

Una cosa lampante è che oggi i ragazzi usciti da scuola non hanno la stessa manualità che avevamo noi una volta: è per questo che tendiamo a proporgli prima un’esperienza in produzione (soprattutto durante i periodi di stage), per respirare l’aria dell’officina, in modo che si possano rendere meglio conto delle difficoltà che i loro colleghi affrontano nel quotidiano. Questo ovviamente non preclude il loro spostamento in un ufficio, anzi, rappresenta un grande plus per loro.

Ci racconti della tua esperienza pregressa? Come sei arrivato in CEPI?

Sono laureato in Ingegneria Meccanica. Ho svolto un progetto di tesi in azienda: si trattava di un grosso impianto pneumatico per la produzione di biscotti. Ho curato sia la progettazione dell’impianto, intesa come dimensionamento di massima, sia la progettazione delle parti di carpenteria tramite anche un software di calcolo agli elementi finiti.

Finito il percorso di tesi, ho lavorato per un po’ presso la stessa azienda come tecnico-commerciale, poi ho cambiato ditta. Sono stato Responsabile Tecnico per circa un anno: seguivo tutto, dalla progettazione in poi. Partivo dal progetto di massima, fino ad arrivare al disegno costruttivo da mandare in officina. Era una realtà piccola, mi occupavo anche degli acquisti dei materiali; andavo direttamente in officina a dare direttive; avevo un confronto continuo con il capo-officina, e infine sono andato anche in cantiere a seguire dei montaggi.

Dopodiché, sono tornato nell’azienda precedente, questa volta come Responsabile di Produzione e sono restato lì per 2 anni.

E alla fine, arriva Luglio 2007… Approdo in CEPI grazie all’amicizia con Davide Saputo ed entro in Ufficio Acquisti, come Responsabile degli Acquisti Meccanici: essendo un progettista, ho voluto mettermi in gioco e sperimentare cose nuove. Dopo un paio d’anni, sono diventato Direttore di Produzione. Allora era una realtà molto diversa, eravamo circa 50, oggi siamo 162!

CEPI ha appena ottenuto la UNI 125. Cosa significa per te essere membro del comitato per la parità di genere?

Ottenere la UNI 125, la certificazione parità di genere, è per me motivo di orgoglio e per questo devo dire grazie al comitato, in particolare a Stefania. È un progetto che condivido pienamente e sono felice di esserne parte.

Devo essere sincero, quando mi è stato chiesto di entrare nel comitato per la parità di genere non mi ero ben reso conto del tipo di impegno ed erroneamente la credevo un’attività in più da portare avanti oltre alle tante che devo seguire.

In realtà, si è rivelata una realtà che non conoscevo. Giorno dopo giorno mi rendo conto che della parità di genere si sa tanto poco e c’è tanta ignoranza, nel senso che non se ne parla abbastanza e di conseguenza non si conosce l’argomento nelle sue mille sfaccettature. Ho avuto la conferma di questo quando abbiamo incontrato le rappresentanti del Centro Donna di Forlì. Quando Giulia Civelli, coordinatrice del centro, e la Dott.ssa Succi, psicologa, parlavano, ho percepito all’interno di quell’aula un silenzio tombale che mi ha fatto pensare.

Prima di entrare nel comitato, come uomo, non mi ero mai posto il problema della violenza di genere, semplicemente perché io certe cose non le faccio o non le penso nemmeno, e quindi non sentivo che mi appartenessero. Il problema invece esiste eccome e va risolto. Grazie a CEPI ho capito che c’è bisogno veramente di parlarne e di fare informazione, perché la violenza è presente nel nostro quotidiano, anche nel più piccolo, in momenti della vita di tutti i giorni, in famiglia, per esempio.